Una vita di abusi, “Ho ucciso mia madre” di Giuseppe Aversa

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La storia che sto per raccontarvi parla di un ragazzo. Non uno come tanti altri.
Un ragazzo sfortunato, al quale il destino non ha risparmiato quasi nulla.”
E’ così che Giuseppe Aversa, autore del libro “Ho ucciso mia madre”, Falco Editore, introduce nel quarto di copertina la sua storia, la sua vita.
Il titolo scelto dall’editore sconcerta e incuriosisce, proprio perchè ha un impatto forte ed immediato. Quell’ “uccidere” non è inteso come azione fisica, bensì come espressione psicologica, un eliminare l’idea di colei che ha generato la vita e che allo stesso tempo ha tentato di distruggerla. Giuseppe Aversa è nato in Belgio da una famiglia mafiosa di origine siciliana. La madre, coinvolta attivamente in una faida, si trova costretta ad espatriare portando con sé i figli.
Dopo il trasferimento in Italia, il bambino, a soli cinque anni, viene indotto dai genitori a subire violenze di ogni tipo in cambio di denaro. Viene “ceduto”, come merce di scambio a conoscenti e parenti per rapporti sessuali.
Giuseppe ripercorre pagina dopo pagina tutto l’orrore di quei momenti; scrivere diventa una sorta di terapia liberatoria che gli consente di riportare dettagliatamente quelle ansie, quei continui tormenti che lo hanno perseguitato per anni, con il rischio di riprodurre nella sua mente incubi eterni.
Il raccontarsi è dunque un bisogno naturale al fine di tradurre il dolore in parole indelebili.
Può un bambino violentato, sfruttato, picchiato liberarsi da memorie negative e salvarsi da ferite così profonde?
L’autore ci espone con naturalezza la sua situazione di piccolo individuo avvolto da fantasmi crudeli, ci fa entrare nella sua esistenza senza luce e senza calore, ci afferra il cuore con una scrittura semplice ed a tratti acerba.
L’abuso sui minori è un tema dalla delicatezza estrema, spesso si preferisce non vedere e non sapere.
Aversa attraverso la realizzazione del romanzo riesce in parte a riscattare l’ “infanzia negata”, riprende quel sorriso che sembrava ormai dimenticato.
Grazie all’intervento delle forze dell’ordine, Giuseppe viene dato in affidamento assieme al fratello Samuele ad una famiglia di Firenze e torna a condurre un’esistenza normale.
“Molti vogliono cambiare il mondo, per tanti motivi, e ogni persona può dare il proprio contributo.
Ci sono persone che con coraggio e impegno hanno cercato e cercano di cambiare il mondo. Magari ci riescono, anche solo in parte.Non possiamo sapere quale futuro aspetta ognuno di noi.
Possiamo solo imparare dal passato nostro e da quello degli altri, prendere ciò che più ci serve e che ci manca per migliorare e crescere.”

Michela Zanarella

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