Il 29 gennaio, dopo le discussioni e le critiche delle ultime settimane, Matteo Renzi e Angela Merkel si sono incontrati a Berlino. I toni sono più pacati e, nel complesso, l’incontro sembra essere stato positivo. Per Renzi “è andata benissimo” e lascia intendere che “i Paesi guida in Europa sono due: noi e la Germania. E questa è un’indubbia novità di cui non si può non tenere conto”.
Un risultato portato a casa con le unghie. Da diversi mesi Renzi ha infatti iniziato ad usare parole più dure nei confronti dell’Europa e dei “burocrati di Bruxelles” che, a suo parere, avrebbero sempre assecondato la Germania. Secondo il presidente del Consiglio è ora di smettere di farsi “telecomandare” dall’ Europa e di assicurarsi che i soldi italiani vengano spesi bene. Proprio per quest’ultimo motivo, lo scorso 18 dicembre è arrivato a bloccare uno dei provvedimenti più importanti per la Germania: il finanziamento di 3 miliardi per la Turchia, con cui la Commissione europea spera di rallentare il flusso migratorio proveniente dal Medio Oriente. In quell’occasione è subito arrivata una risposta del presidente della Commissione europea Juncker, il quale ha mostrato la sua perplessità per la riserva dell’Italia “perché i soldi non vanno alla Turchia stessa, ma per i rifugiati siriani in Turchia e sono una questione di credibilità per l’Ue”. In realtà, l’obiettivo di Renzi è che la clausola migranti venga riconosciuta anche all’Italia e non solo alla Turchia. Juncker fa poi riferimento anche ai ricollocamenti dei richiedenti asilo da Grecia e Italia: “Sono stufo che si accusi la Commissione Ue e l’Europa di non fare abbastanza, perché la Commissione ha fatto tutto quello che era in suo potere, ma sono alcuni stati membri che hanno difficoltà ad applicare le decisioni che sono state adottate”.
Altro tema di scontro tra Renzi e Juncker è quello della flessibilità. Dal suo insediamento nel 2014, il presidente della Commissione europea ha più volte espresso la sua disponibilità a concedere una maggiore flessibilità sui conti pubblici agli stati membri. Non è un caso, infatti, che nel corso della crisi economica greca la Commissione sia stata più aperta al compromesso rispetto a quella tedesca. Ma questo a Renzi non basta, per lui la commissione non ha fatto abbastanza. A questo proposito, si attribuisce addirittura il merito di aver introdotto la flessibilità – anche se verrà poi smentito da Juncker- o, quantomeno, di averla chiesta in modo “molto molto molto insistito“. Non sembra essere preoccupato neanche per il parere che la Commissione dovrà esprimere, nella prossima primavera, sull’ultima legge di stabilità approvata dal parlamento italiano: “Se Bruxelles ti boccia la legge di stabilità tu gliela restituisci uguale al mittente e fai uno pari”. Il governo dovrebbe invece preoccuparsi ancora di più per il fatto che la Commissione abbia respinto tutte le proposte di creazione di una “bad bank” italiana, una società finanziata dallo Stato che ripulisca le banche dai debiti che non riescono a sostenere. Se questo problema dovesse protrarsi, potrebbe condizionare anche i pareri sulla legge di stabilità.
Una legge che dovrà essere analizzata sotto tanti punti di vista. Le prime critiche della Commissione europea riguardano l’abolizione della Tasi, solo per il 2016, sulle abitazioni principali, che causerà minori entrate nei Comuni. Diversamente da quanto promesso invece, rimane l’Imu sulle prime case di lusso. Se l’Ue darà l’ok sulla clausola migranti, l’Ires, imposta sul reddito d’impresa, verrà ridotta. Se non darà l’ok, questa scenderà nel 2017. Il governo è inoltre riuscito a prolungare il bonus contributivo per le imprese che assumeranno personale a tempo indeterminato nel 2016. L’esenzione coprirà il 40% dei contributi. Viene poi introdotta un’ agevolazione fiscale per i liberi professionisti. Per quanto riguarda invece il tema delle pensioni, tra le poche misure inserite e subito criticate dal presidente dell’Inps Tito Boeri, ci sono la no tax area per i pensionati a reddito basso e il prepensionamento part time per gli over 63. In quest’ anno vengono poi investiti 1,6 miliardi per la lotta alla povertà. La copertura della finanziaria, in ogni caso, è appesa alle decisioni di Bruxelles, a cui il governo ha chiesto via libera per far salire il deficit di 17,7 miliardi. Il resto a confronto sono briciole: attraverso la spending review Palazzo Chigi e il Tesoro puntano a risparmiare 7,9 miliardi. I tagli maggiori a livello ministeriale sono fatti al Ministero dell’Economia e, dopo di esso,- in maniera criticabile- all’ Università e ricerca scientifica.
Insomma, la legge di stabilità porta con sé tanti provvedimenti di cui l’Ue sarà, come sempre, giudice. Nel frattempo l’incontro Renzi-Merkel ha dato i suoi frutti. I punti di accordo sono stati molti: Renzi è disposto a collaborare sulla questione immigrazione; la Merkel approva il piano di riforme del governo e il Jobs Act; entrambi annunciano la volontà di creare una “conferenza economica” per rafforzare la cooperazione economica bilaterale Italia-Germania e l’intento di far rimanere la Gran Bretagna nell’Ue.
Ciò che manca, per ristabilire gli equilibri, è l’arrivo di Juncker a Roma. Sarà questione di giorni, visto che febbraio è arrivato. Renzi sarà all’altezza? Per il momento speriamo che l’Ue trovi nella Capitale il tanto attesto “interlocutore” senza fare troppe storie.