Ci siamo. Gennaio è iniziato e come anno che si rispetti non mancano di certo anche per questo 2014 rincari che colpiranno direttamente le tasche-ormai quasi vuote-degli italiani: benzina, luce, autostrade, tanto per citarne qualcuno.
E come sempre puntale arriva una tra le tasse più odiate e più evase dagli italiani-stando a quanto riferiscono rilevazioni statistiche-: il canone Rai. In vigore dal 1938, è la tassa sul “possesso di apparecchi atti o adattabili alla ricezione di radioaudizioni televisive”. In questi giorni basta sintonizzarsi su uno dei molteplici canali offerti dalla nostra rete di servizio pubblico, per imbattersi negli spot creati appositamente per ricordare al telespettatore che il canone è una vera e propria tassa a cui non ci si può sottrarre e che la scadenza è vicina.
Questo non piacevolissimo messaggio viene diffuso attraverso due interessanti storielle di vita quotidiana, che potrebbero svolgersi in un qualsiasi salotto di una qualsiasi famiglia italiana. In uno dei due spot, troviamo una giovane donna ipnotizzata davanti la tv, mentre segue rapita la scena di una famosa fiction. Quando
il marito entrando in casa con in mano la bustina firmata Rai(che tutti noi conosciamo),istintivamente l’accartoccia, ma nello stesso momento assieme alla busta anche la televisione fa la stessa fine. Tragedia. La donna inizia ad urlare
disperatamente. Queste sono dunque le conseguenze, catastrofiche, che porta il mancato pagamento del canone. Italiani, siete avvertiti. Se non volete vedere vostra moglie presa da un attacco di isterismo, e se volete che i vostri bambini continuino ad essere incantanti dalla televisione, senza trasformarsi in strane creature, la soluzione-obbligatoria tra l’altro- è a portata di portafoglio. Lo spot si conclude con un “simpatico” giochino di parole: ”Il Canone si Deve”- che si trasforma invertendo le parole in si “ Vede”.
Basta farsi un giro in rete per rendersi conto che gli spot non hanno riscosso molto successo, e non sono affatto piaciuti ai diretti interessati. C’è chi sostiene che “non aiuta per niente a comunicare quello che vorrebbe”, e i sentimenti scaturiti non sono di certo quelli di affrettarsi nel pagamento. Anzi secondo Adiconsum, lo spot è una vera e propria pubblicità ingannevole, perché tenta di “mascherare una tassa come se fosse un abbonamento per la tv pubblica”.
Non è difficile rintracciare inoltre del malcontento per la composizione dell’offerta del palinsesto. La soluzione allora quale potrebbe essere? Rifugiarsi nei canali a pagamento, che con la loro vasta offerta tendono a coprire svariati pubblici, con programmazioni per tutti i gusti. Oppure, ritrovare fiducia in “mamma Rai”?
Certo che il contesto in cui stiamo vivendo è profondamente cambiato rispetto a quando è nata la Rai, che proprio da pochi giorni ha compito sessant’anni. Lo schermo televisivo è mutato, l’innovazione tecnologica è sempre più forte e nuovi competitor sono pronti a fare il loro ingresso. Negli ultimi anni stiamo assistendo alla rivoluzione digitale, che ha comportato un profondo ampliamento dell’offerta dei contenuti. Inoltre si sta assistendo oggi ad un processo di ibridazione tra servizi interattivi di tipo Web e la possibilità di utilizzare piattaforme di fruizione differenti. Ciò nonostante rimangono tuttavia i canali generalisti i leader del mercato(con l’80% medio degli ascolti). Allora quale sarà il futuro della televisione? C’è ancora spazio nell’offerta Rai per la creazione di nuovi spazi televisivi?