L’urlo di Munch e le tenebre della psiche

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L'urlo di MunchL’urlo di Edvard  Munch, dipinto risalente al 1893  è l’emblema dell’arte scandinava e  una delle opere pittoriche più importanti  dell’Espressionismo. Cos’è che ci suggestiona o soggioga maggiormente? L’intensa drammaticità del dipinto o l’apertura verso una dimensione interiore?
Qualunque sia la risposta non si può restare indifferenti di fronte alla sua bellezza ed  al suo magnetismo, poiché  rispecchia pienamente le tenebre della natura umana.

L’inquietudine dell’io si riflette in un’atmosfera visionaria dove i colori diventano opachi, sfuggenti, lontani. Un vortice, un turbine che apre le porte dell’inconscio e ove i confini si fondono: l’acqua, la terra, il cielo diventano un tutt’uno, ritornano al caos primordiale della Pangea. Una spirale infinita che esprime la moltitudine del Sé perché il Sé non ha fine , è un circolo vizioso. Lo stesso circolo vizioso dell’uomo che è preda delle sue angosce e forse il terrore diventa quasi sublime perché egli vuole restare intrappolato nei fantasmi della sua psiche . E così il Sole sembra non tramontare mai perdendosi in un’atmosfera di sospensione mentre l’unica certezza che può offrire solidità all’uomo è il legno su cui poggia i suoi piedi, quello di un ponte in grado di condurre altrove. Gli occhi sbarrati, le pupille come due spilli pronti a trafiggere esprimono paura e sgomento mentre  la bocca si erge in una smorfia da brivido . Forse è questo stesso spirito deforme a incarnare l’anima dell’artista, che preda dei suoi tormenti e delle contraddizioni dell’animo umano vorrebbe emergere attraverso un grido liberatorio.  L’uomo è solo, è consapevole della sua solitudine e da ciò hanno origine i suoi demoni interiori. Ma lo spettro del caos trova ristoro in due ignavi passanti, la personificazione dei mostri dell’io o due ombre indefinite?  Essi  scrutano la stessa follia di cui l’uomo è vittima e in grado di renderlo un carnefice ; quella follia di cui è protagonista e solo egli , si può assolvere e redimere dal male che lo attanaglia, solo egli conosce la via di fuga , la prospettiva  di un orizzonte senza prospettive. Solo egli conosce la redenzione e la salvezza.

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