La vittoria mutilata di Theresa May

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Dopo i tre terribili attentati che hanno colpito il Regno Unito, l’8 giugno si sono tenute come previsto le elezioni generali, elezioni anticipate chieste e a gran voce dal primo ministro Theresa May.

La sua legislatura si sarebbe conclusa nel 2020, cinque anni dopo l’ultima consultazione del 2015 ma in vista dei trattati con l’Unione Europea per la Brexit la May ha cercato di consolidare la maggioranza parlamentare e ottenere una sorta di “investitura popolare” che la sostenesse nella sua volontà di compiere una “hard” Brexit.

Dato per certo il conseguimento della maggioranza il risultato è apparso quindi come una sostanziale sconfitta. I conservatori di May infatti hanno vinto le elezioni ma non hanno ottenuto la maggioranza assoluta, un risultato che mette in pericolo la stabilità del governo.

Il maggior avversario nella contesa elettorale è stato il partito laburista guidato da Jeremy Corbin che ha ottenuto un ottimo risultato con il 39,99% di voti contro il 42,45% dei conservatori.

Una vittoria mutilata, quindi, che però non ha impedito a Theresa May di formare il nuovo governo dopo l’autorizzazione della regina Elisabetta.

Fondamentale per il nuovo governo sembra essere l’appoggio del Dup (Democratic Unionist Party) un piccolo partito unionista e conservatore dell’Irlanda del Nord praticamente sconosciuto all’opinione pubblica inglese prima di questi ultimi giorni. Dalla sua fondazione il Dup ha seguito una linea ultra-conservatrice ponendosi contro la legalizzazione dell’aborto e dei matrimoni omosessuali e dichiarandosi favorevole alla Brexit ma non alla versione ”hard” propugnata da Theresa May per motivi geografici. Ll’Irlanda del Nord infatti è l’unica nazione del Regno Unito a confinare fisicamente con un paese dell’UE, la Republica d’Irlanda, quindi una hard brexit sarebbe controproducente. Sembra quindi che proprio sul fronte Brexit Theresa May debba fare un passo indietro per avere l’appoggio necessario del Dup vanificando il senso delle elezioni anticipate che sempre più appaiono come un vero e proprio suicidio politico.

Le critiche alla May e alla controversa alleanza con il Dup non sono di certo mancate, anche all’interno dello stesso partito conservatore. Il clima di malumore e di delusione è palpabile e c’è chi chiede le dimissioni del premier come simbolica presa di coscienza del fallimento elettorale. I primi a fare i conti con il flop elettorale sono stati Fiona Hill e Nick Timothy, i due consiglieri di Theresa May e le menti dietro alla decisione delle elezioni anticipate.

A pochi giorni dal 19 giugno, data dell’inizio dei negoziati per l’uscita dall’Unione Europea, il governo britannico appare debole, segnato da conflitti interni e guidato da un primo ministro sempre più impopolare ma i risultati delle elezioni non possono ormai cambiare l’inevitabile.

“Non credo ci sia nulla che possa suggerire che questi negoziati non debbano iniziare come è stato concordato” afferma infatti Angela Merkel, decisa a rispettare le scadenze e a non sottovalutare la May e il partito conservatore. La possibilità di una hard Brexit sono ormai nulle e con lo spettro del terrorismo e senza la maggioranza sperata si prospettano tempi difficili per la May e per tutto il Regno Unito.

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