La doppia faccia del Nobel: l’addio a Fo e la consacrazione di Dylan

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Giovedì 13 ottobre è stato un giorno particolare che ricorderemo ancora per molto tempo. Alle prime ore del mattino il fulmine a ciel sereno: Dario Fo si è spento all’ospedale Luigi Sacco di Milano dopo l’aggravarsi delle sue condizioni di salute nelle ultime settimane. In tarda mattinata altra notizia: il premio Nobel per la Letteratura 2016 è andato a Bob Dylan per aver “creato una nuova espressione poetica nell’ambito della tradizione della grande canzone americana”.

Per un giullare che va un menestrello arriva: un insolito caso di continuità dei tempi.

Dario Fo

Dario Fo

Attore-autore di teatro a tutto tondo, regista, sceneggiatore, pittore, politico: quella di Dario Fo è stata una vita spesa all’insegna dell’arte e dell’impegno sociale, della risata e dell’accusa contro ogni potere, dello sberleffo e della satira. Un’esistenza condivisa con la moglie Franca Rame, l’amore della sua vita, scomparsa tre anni fa, e con il figlio Jacopo, che parla dell’insegnamento lasciatogli dai due grandi artisti: “La certezza che la condivisione sia alla base della vera ricchezza. Condivisione e passione. Mio padre e mia madre vivevano così, concepivano l’arte come impegno civile al pari della solidarietà. Vivere pienamente la storia d’amore e la relazione con gli altri”.

Diciannove anni fa Fo ricevette l’ambito premio “Perché, seguendo la tradizione dei giullari medievali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi”. Durante il discorso di ringraziamento ai Membri dell’Accademia Svedese dichiarò: “Eh sì, il Vostro è stato davvero un atto di coraggio che rasenta la provocazione. Basta vedere il putiferio che ha causato[…]Per contrasto devo dirVi che però ci sono state masse straordinarie di persone che hanno gioito con me in modo incredibile per questa Vostra scelta. E io Vi porto il più festoso dei ringraziamenti da parte di una caterva di guitti, di giullari, di clown, di saltimbanchi, di contastorie”. Molte furono, infatti, le polemiche che piovvero su di lui dopo l’assegnazione, da parte di scrittori illustri e personaggi famosi che accusavano l’Accademia di aver dato il Nobel ad un giullare, da sempre personaggio di basso rango e considerato di alcun valore culturale né sociale, la cui arte non poteva considerarsi vera letteratura né tantomeno ambire ad un premio tanto prestigioso.

L’arte comica-drammaturgica di un giullare così come la musica rock di uno tra i più grandi cantautori americani: quella Robert Allen Zimmerman, in arte Bob Dylan, neo vincitore del Nobel per la Letteratura.

Ed è facile immaginare che la nomina abbia sollevato un grande scalpore nell’opinione pubblica, sin da subito spaccatasi in favorevoli e assolutamente contrari.

Mi piace immaginare che tale notizia abbia raggiunto anche Dario Fo, da poche ore ricongiuntosi all’amata Franca in un paradiso fatto di saltimbanchi e giullari, e che questa abbia provocato in lui una scrosciante risata. Lui che già nel 2001 aveva dichiarato “Sarei proprio contento se fosse Bob Dylan[a vincere il premio Nobel]”, sarebbe stato tra i sostenitori di tale scelta, inconsueta e assolutamente sorprendente, fuori dagli schemi proprio come quella che lo aveva incoronato quasi vent’anni fa, ridendosela a vedere le facce indignate di chi aveva appena appreso la notizia.

Bob Dylan

Bob Dylan

Cantautore e compositore, poeta e scrittore, perfino attore, Dylan è un monumento della storia musicale statunitense oltre ad essersi imposto come figura chiave nella cultura di massa di tutto il mondo. È giusto che gli sia stato assegnato il Nobel per la Letteratura?

Nell’antichità letteratura e musica formavano un duo inscindibile, basti pensare ai cantori e ai grandi poemi epici che venivano recitati a memoria accompagnati dalla musica per trasmettere il sapere, alle prime forme di teatro e poi ai giullari e ai cantastorie che declamavano accompagnati dai menestrelli presso le corti e nelle piazze. Lungo il corso della storia però sempre più i due ambiti sono andati scindendosi e i testi dell’una e dell’altra diventavano forme diverse di espressione culturale. Possiamo oggi considerare letteratura un testo di una canzone? In molti sono d’accordo, molto spesso sentiamo dire che un testo di una canzone è “come una poesia in musica”, quasi a tornare appunto all’antichità in cui questa era la norma; insistono inoltre sulla bellezza delle parole, dei versi, dei significati che esso trasmette, come potrebbe fare un libro, a volte molto meglio. Inoltre l’impatto di una canzone sull’opinione pubblica è più immediato che quello di un libro. Chi è contrario invece vorrebbe mantenere separate letteratura e testi musicali, a volte screditando il valore di questi ultimi a scapito della prima, altre invece asserendo che si tratta semplicemente di un diverso mezzo d’espressione che non può essere comparato.

Certo è che entrambi i campi si rivolgono direttamente alla società, vogliono farsi portatori di un messaggio culturale, sociale, d’amore o di altro genere, poter incidere sulle coscienze di chi legge o ascolta.

Come Fo nel 1997 anche Dylan viene contestato duramente perché premiato con un’onorificenza con la quale non ha niente a che fare. Molti dei suoi testi più famosi, soprattutto degli anni Sessanta, hanno avuto un forte impatto sociale e civile, incidendo fortemente anche nella letteratura non solo statunitense ma internazionale. Indubbiamente le sue canzoni hanno lasciato un segno e continuano a imprimersi nei cuori e nelle menti dei suoi migliaia di fan, giovani e meno giovani, attenti ai risvolti sociali o semplicemente innamorati della sua musica. Intanto continua il silenzio dello stesso Dylan, che non ha rilasciato finora alcun commento dopo la notizia, mentre in tutto il mondo si accalcano personaggi più o meno famosi che vogliono dire la loro, anche senza cognizione di causa.

Chissà cos’hanno pensato invece coloro che insieme a Dylan erano in lizza per ricevere il premio quest’anno? Come hanno reagito gli eterni candidati Haruki Murakami, Joyce Carol Oates e Philip Roth, loro che sono scrittori letterari a tutti gli effetti e che si sono visti soffiare sotto il naso il premio da un cantautore?

Ritengo che come la letteratura la canzone debba essere degnamente riconosciuta dai Membri dell’Accademia svedese, così come lo è stato per il teatro (e noi italiani ne siamo riconoscenti, visto che un terzo dei premi Nobel che ci sono stati assegnati riguardano appunto l’arte drammaturgica). Tuttavia non si possono riaccostare solo in questo caso due arti che da secoli sono ormai divise. Sarebbe così assurdo pensare di istituire una categoria a parte nel Premio Nobel che riguardi tutte le altre arti che non siano la letteratura, e che quindi possa riconoscere i meriti che hanno ad esempio le canzoni, la pittura, il cinema e tante altre attività che formano la cultura umana? Forse non accadrà mai, e di tanto in tanto spunterà fuori un vincitore come Dario Fo o Bob Dylan che faranno scalpore e susciteranno polemiche nell’opinione pubblica. Ma chissà che non sia anche questo un modo per avvicinare le persone a questi ambiti, per far parlare di cultura e perché si creino delle coscienze critiche e un clima intellettuale costruttivo che vada oltre la mera contestazione o disapprovazione.

 

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