JUVE:BIS TRICOLORE

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La Juventus è Campione d’Italia 2012/2013, dopo aver vinto anche il campionato 2011/2012. La società bianconera è nata il primo giorno di novembre del 1897 e se la matematica non è un’opinione, la notizia non dovrebbe stupire più di tanto, poiché l’evento si ripete con una cadenza verosimile ogni tre/quattro anni. Tuttavia il titolo tricolore vinto con quattro giornate di anticipo ha sollevato il solito polverone all’italiana, scaldando gli animi dei tifosi di fede bianconera e non, a breve distanza di tempo dalla riapertura del processo di Napoli, perché questo titolo che sia il ventinovesimo o il trentunesimo è il secondo scudetto consecutivo dell’era post-calciopoli.
L’essenziale che a volte è sfuggito anche al tifoso più esperto. Piaccia o non piaccia, sembra dire, questa Juve è figlia della Juve di calciopoli, nonostante la diaspora e la sua naturale evoluzione, riconoscibile in un paio di artefici principali della vittoria: Conte e Nedved, prodotti esclusivi del made in triade. Dal giorno in cui Zaccone ammise nel processo sportivo di calciopoli che la triade si era macchiata di una serie di illeciti che nessuno è mai riuscito a dimostrare in toto, non si può più negare il peccato originale della proprietà della Juventus, colpevole nel migliore dei casi di omissione di soccorso nei confronti della squadra più amata dagli italiani.
Ma tornando a parlare di calcio giocato,che è quello che ci piace,e non dovrebbe avere niente a che fare con tribunali,atti giudiziari e intercettazioni.Possiamo dire che il nuovo corso della Juventus si esprime nella voglia di riscatto e nella ”fame” sportiva che Conte trasmette e suscita nei suoi calciatori.Basta pensare alla versione demoniaca di Antonio Conte a Glasgow, quando sul 3-0 urlò: ”t’ammazzo” a Bonucci per un errore banale, basta pensare all’interpretazione del gioco del calcio di Chiellini e Vidal, per loro uno sport in cui tecnica e tattica sono conseguenze di tanto lavoro e dedizione, tenacia e grinta, e basta pensare a dove la linea difensiva si posiziona nella maggior parte dei match, coi denti sulla tre-quarti, per capire quanto lo spirito combattivo sia intrinseco al gruppo, quanto l’aggressione sportiva del nemico sia il concetto più vivo e assillante nella testa dei giocatori, la loro forza motrice. Non c’è presente e futuro senza la voglia di sbranare, ecco il punto cardine dell’avventura di Conte al timone juventino, ancor più viscerale del modulo, del top-player o delle altre questioni.
Questo scudetto è totalmente impregnato della sua essenza, quella di un allenatore che adatta il modulo alle caratteristiche dei giocatori e non viceversa e che, a volte anche sbagliando, perché la perfezione non è ancora di questo mondo, ha sempre privilegiato le risultanze del lavoro settimanale per determinare la formazione più idonea da schierare.
Perfino i detrattori più faziosi hanno cessato di sminuire la figura di questo vincente per elezione con l’ormai collaudata battuta sulla sua capigliatura; hanno evidente metabolizzato che conta molto di più quanto essa protegge: un coagulo di materia grigia, vulcanizzata in un’ unica  ossessione: vincere!

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