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NOME: attentato

LUOGO: Manchester Evening News Arena, Manchester (UK)

DATA: 22 maggio 2017

TERRORISTA: Salman Ramadan Abedi

ORGANIZZAZIONE TERRORISTICA: Stato Islamico (ISIS)

CIRCOSTANZA: Concerto di Ariana Grande

OBIETTIVI UFFICIALI: Sterminare i non sottomessi ad Allah (= non musulmani):  

“bambini crociati” e civili;

Diffondere terrore, orrore, morte;

Assassinare la libertà dei singoli e della società civile.

OBIETTIVI UFFICIOSI: Strumentalizzare la fede nella religione islamica a scopo appropriativo:

potere e controllo su coscienza individuale e collettiva; su affezioni, azioni, simboli, luoghi, esperienze.

MEZZO: Esplosivo al perossido di acetone

VITTIME: 23 (compreso l’attentatore)

FERITI: 122

REAZIONE: L’arte, la vita, l’arte di vivere non si prostrano. Ariana Grande insieme a molti altri artisti di fama mondiale hanno fatto riecheggiare la loro risposta al frastuono delle esplosioni che hanno colpito l’intero mondo globalizzato. Lo hanno fatto proprio a Manchester, la domenica appena trascorsa, all’Old Trafford. Un concerto di beneficenza per le famiglie delle vittime dell’attentato ordito nei confronti degli entusiasti fans, perlopiù giovanissimi, accorsi la sera del 22 maggio all’esibizione della cantante americana alla Manchester Arena. Un’azione terroristica freddamente escogitata e messa in atto nei confronti dell’umanità, della libertà, della possibilità, della storia, del presente e del futuro.

Gli accordi, i testi e le voci non hanno indugiato sulla nota del terrore che paralizza. Pochi giorni dopo l’efferata strage, la pop star americana, acclamatissima dai teenager, ha annunciato l’evento decisivo per colpire con amore ed empatia la paralisi che il terrorismo tenta di infliggere alle vite di chiunque si contrapponga alle sue mire espansionistiche e globali. Artisti e pubblico all’unisono hanno scelto di riunirsi di nuovo, ad un giorno dall’attentato di Londra, per intonare l’armonia complicatissima del coraggio di chi non vuole essere sconfitto dall’orrore codardo prodotto dal fondamentalismo islamico, che di islamico ha ben poco. Un fondamentalismo della brutalità, che infanga l’Islam, rendendo gli attentatori dell’ISIS (così come di qualsiasi altra organizzazione terroristica) dei deviati membri di una religione politica con derive assolutistiche.

Salman Abedi non aveva poi troppi anni di differenza con le ragazze e i ragazzi che mirava a far saltare in aria durante quell’evento per loro così speciale, il concerto della loro cantante preferita, per molti, giovanissimi, il primo della vita. Eppure non era un lupo solitario, ma membro di un ingranaggio preciso e infallibile. A soli 22 anni sceglie di cadere preda della guerra planetaria che il Califfato ha deciso di muovere per affermarsi assolutisticamente portando il vessillo della jihad. L’attentatore, nato nel Regno Unito, ma di origini libiche, sembra essere l’ennesimo di quella fitta lista di combattenti di una guerra che esiste e sulla quale la politica e la stampa dovrebbero gettar luce in modo più puntuale. È una guerra che agisce in Medioriente come in Occidente, che non indugia troppo su quelle derive psichiche spesso affibbiate dall’opinione pubblica ai terroristi dell’ISIS. Prendere coscienza di questa realtà è il primo passo per non lasciarsi ingabbiare nell’immobilità, per reagire a chi troppo lucidamente crede di accaparrarsi il dominio del mondo.

 

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