Giovannino Carboni matite e bronzi dagli anni ‘70

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 Non è difficile avvicinarsi ad un quadro di Giovannino Carboni e trovarsi catapultati in un inferno di corpi mutilati e sofferenti che, quando non hanno le gambe impigliate in grovigli di alberi o in blocchi di cemento cercano di trascinarsi verso un futuro migliore, sempre se non muoiono soffocati da mostri o tagliati in due dalle lancette di orologi mastodontici. Ma facendo un bel respiro ci si ritrova nuovamente davanti al quadro perché si è scoperta la magia che l’ha creato e la ricchezza di positività che trasuda. E’ un po’ come ammirare il paradiso guardando scenari infernali perché i personaggi che Carboni ci propone non sono persone, ma messaggi per lo spettatore, e i suoi quadri sono delle vere e proprie riflessioni grafiche. Giovannino Carboni è nato a Dolianova (Cagliari) nel ’53 dove vive e lavora. E’ dottore in chinesiologia e adora comunicare concetti per immagini. Quasi tutta la sua produzione è concentrata negli anni settanta quando a vent’anni si concedeva di creare a matita i suoi mondi surreali fatti di concetti e riflessioni. Qui il desiderio di dare tridimensionalità a quei mondi con la creazione di statue in bronzo. Ora, a cinquantasei anni, nulla gli impedisce di dare sfogo al suo progetto di vedere i suoi mondi in tre dimensioni così nel duemilanove decide di trasporre in bronzo i personaggi-concetti che a vent’anni creò.
L’artista si interroga sulla condizione umana e accompagna emozionalmente lo spettatore nella sua riflessione cosicché un mostro che stritola una persona esanime ci provoca un malessere all’altezza del cuore, una sensazione di impotenza che ci stringe le viscere e ci fa contrarre i muscoli della fronte. Siamo davanti all’esasperazione data dal troppo pensare che l’artista ha minuziosamente analizzato e compreso lanciando un messaggio positivo per antitesi. L’uomo che dovrebbe usare la mente per i propri comodi non riesce in questo ovvio intento, che sarebbe la via d’uscita da questa condizione o il paradiso suggerito dall’artista, ma si fa succube del suo mezzo che mal indirizzato provoca un sovraffaticamento dato dal troppo pensare che contrae e accartoccia su di se il sofferente fino a stritolarlo. Lo spettatore scoperto il trucco vive sì la dannazione, ma affronta un percorso catartico che non solo lo fa riflettere su tematiche molto profonde, ma che altresì lo porta a conclusioni inaspettatamente positive ed illuminanti.
Nella produzione di Carboni troviamo molti suggerimenti per una vita migliore dati per antonimia. Una volta scoperta la chiave interpretativa lo spettatore non solo esorcizza determinati stati d’animo, ma ne esce arricchito. Come aveva immaginato trent’anni fa, le statue in bronzo rendono ancora meglio i concetti che voleva comunicare e ci auguriamo di vedere prestissimo la collezione dei bronzi al completo.

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