Il 9 e 10 Ottobre sono esondati a Genova tre torrenti: il Bisagno il Feregiano e lo Sturia. Hanno trascinato via cassonetti e auto, le strade sono state intasate dal fango, alcune zone della città sono rimaste senza corrente elettrica coinvolgendo circa 2000 persone, decine di feriti, una persona è morta. Stessi risultati dell’alluvione del 2011, stesse polemiche con la Protezione Civile per la mancanza di un’allerta.
La storia, quindi, si ripete, una storia di impedimenti giudiziari, di fondi bloccati, di vicende politiche che impediscono quell’opera che è in cantiere da 30 anni e che hanno impedito la costruzione di una “galleria scolmatrice” del Feregiano (ossia il canale capace di assorbire l’acqua in eccesso che si scarica nel torrente in caso di alluvioni) , la cui esondazione è tra le maggiori cause delle ricorrenti alluvioni a Genova.
Alcune motivazioni di questa situazione sono di carattere generale, come il cambiamento climatico che porta a piogge torrenziali di enormi dimensioni. Altre motivazioni invece attengono al malgoverno del territorio alla cementificazione dilagante che ha portato a modifiche rilevanti di tutto il sistema idrografico.
Un altro aspetto fallimentare del sistema è poi rilevato dalla mancata effettuazione dei lavori che avrebbero quantomeno ridotto i danni delle nuove inondazioni.
Il progetto dello scolmatore è stato fermo per sei mesi alla Corte dei Conti per poi ricevere la bocciatura del consiglio superiore dei lavori pubblici; una serie di ricorsi al TAR, invece, hanno bloccato per due anni i lavori di sistemazione della copertura del Bisagno. Il sindaco Doria stigmatizza la lentezza della giustizia amministrativa che blocca da tre anni dei lavori che consentiranno di aumentare la portata del torrente. Cinque anni di cantieri, di viabilità condizionata e di traffico impazzito, lo stop dei lavori alla fine del 2011, il ricorso al TAR ligure per presunte irregolarità da parte delle aziende sconfitte, il controricorso al Consiglio di Stato, il passaggio della vicenda al TAR del Lazio, per incompetenza di quello della Liguria, che ha disposto la ripresa dei lavori, ma i cantieri non sono stati riaperti.
É chiaro come l’affidamento di tali lavori a privati, con l’assegnazione su base concorrenziale, costituisca un evidente fattore di ritardo o, come di fatto è successo, di blocco. L’azione diretta a contrastare le catastrofi naturali deve essere invece efficace, continua e soprattutto tempestiva.
Senza queste due opere Genova lotta contro la sua stessa natura.
“Acqua che spacca il monte, che affonda terra e ponte” diceva De Andrè in Dolcenera, riferendosi all’alluvione del ’72: “nera che porta via, che porta via la via
nera che non si vedeva da una vita intera così dolce nera nera,
nera che picchia forte, che butta giù le porte”.
A Genova piove e la pioggia provoca disastri, da sempre. E da sempre ministri, capi di Governo, presidenti di Regione, sindaci sanno quello che si dovrebbe fare ma non lo fanno.
Da giorni assistiamo al carosello di accuse e contraccuse tra politici in cui ognuno cerca di scaricare le proprie responsabilità. Sono emerse la parte peggiore e migliore allo stesso tempo, da una parte uno Stato assente che, oltre a non effettuare le Grandi Opere di messa in sicurezza del territorio, non ha mandato soccorsi; dall’altra gli angeli del fango. Migliaia di giovani che spalano i detriti dalle strade e aiutano a ripulire e a rendere agibili negozi e appartamenti.
Associazioni, professionisti, commercianti, semplici cittadini si sono messi in moto senza che nessuno glielo chiedesse e senza che nessuno li coordinasse.