Il risultato del primo turno elettorale del 23 Aprile vede allo scontro finale del prossimo 7 maggio: Emmanuel Macrone e Marine Le Pen. Questo significa che i francesi, quando saranno richiamati alle urne, non dovrebbero avere troppi dubbi, dato che le personalità rimaste in corsa sono del tutto discordanti. Ma inquadriamole meglio.
Emmanuel Macrone, candidatosi con il nuovo movimento En Marche! ha dichiarato sin ora di non essere né di destra né di sinistra. Centrista dunque e anche indipendentista, è semplicemente un “ottimista”, se così vogliamo definirlo, pronto a sostenere ciò che a suo parere è più giusto e concreto. Dall’altro lato abbiamo Le Pen, leader del Front National, sembra andare dritta per la sua strada sostenendo la visione di una Francia che debba mettere al primo posto se stessa.
I problemi rilevanti nel paese francese sono molteplici e spetta ai cittadini scegliere con quali soluzioni risolverli. Anzitutto la questione dell’economia stagnante trova Le Pen forte sostenitrice di una politica francese indipendente, cui dare la spinta definitiva tramite la valuta del “nuovo franco”. In qualche modo anche Macrone vuol dare nuovo respiro a questo settore, ma le sue energie si concentrano nel contenere la spesa pubblica, ridurre le tasse e nel rendere più efficiente il governo tramite copiosi tagli d’impiegati statali. Visione divergente la ritroviamo anche in materia d’immigrazione, passando dalle posizione nazionaliste, volte a garantire un tetto massimo di immigranti e limitazioni nell’accesso ai servizi pubblici per quest’ultimi, fino ad arrivare a definire la Francia un posto dove gli immigrati si devono sentire accettati. Il candidato Macrone è comunque favorevole ad un controllo più severo al riguardo. Al momento le statistiche vedono Macrone in vantaggio, dato il 24,01% dei voti ottenuti, contro il 21,3% di preferenze conseguite dall’estrema destra di Le Pen.
Oltre le varie problematiche di funzionamento interno, che possono concorrere e che anzi concorrono in qualunque paese, la Francia dati gli ultimi avvenimenti, si trova a dover arginare una questione alquanto più impegnativa: il terrorismo. Anche qui, senza smentirsi, i due candidati rivelano ancora una volta soluzioni e progetti alquanto differenti. Per quanto riguarda Le Pen il suo intento è sicuramente quello di incrementare il numero di agenti di polizia e al fine di avere una sicurezza di standard più elevato mira a espellere i criminali stranieri. Sul fronte opposto troviamo Macrone, che intende tutelare la sicurezza dei cittadini ma al contempo non sottrarne la libertà. Lo scopo è sicuramente comune ad entrambi, infatti se cerchiamo un’affinità tra i due, la possiamo trovare proprio nel consenso ad aumentare le spese per la difesa. Probabilmente le politiche di Le Pen non hanno conquistato ancora fiducia, questo si riscontra chiaramente dai dati elettorali, che dimostrano come a Parigi abbia fatto presa solo sul 5% dei cittadini votanti; a tal proposito, nella capitale francese, sono affluiti alle urne numerosi, non lasciandosi di certo scappare il potere decisionale in un occasione così importante. Tornando a noi e al problema fondamentale del terrorismo, a prescindere dalla preferenza politica nei confronti dell’uno o dell’altro, è chiaro come al momento non sia auspicabile spingere verso una direzione d’individualismo.
È opinione condivisa che l’obiettivo degli attacchi di tipo terroristico abbiano il fine di indurre paura e insicurezza nella popolazione come anche di destabilizzare i governi. È qui che non dovremmo far prevaricare l’odio, la sfiducia e il divario, giacché forniremmo in tal senso solo dei capisaldi a chi d’altra parte l’Europa tenta di distruggerla. Questo intrinseco desiderio di sopraffarci, di vincerci tramite la paura, potrebbe trovare solo porte aperte nel caso in cui fosse la frammentazione, la divisione a essere esaltata. In un momento pieno di tensioni, come quello che stiamo vivendo negli ultimi periodi, dobbiamo aggrapparci a quei capisaldi su cui ogni giorno fondiamo la legge politica, secondo le quali norme viviamo, ovvero la democrazia e il rispetto di ogni diritto. È forse in questa direzione che la politica antieuropeista ed euroscettica di Le Pen non trova consensi quanto quella di una più forte unione di cui Macrone si fa propagandista. È quindi il nuovo quesito della “Frexit” a portare nuove scosse nell’attenzione non solo dei cittadini francesi, ma anche di tutti noi altri, cittadini europei e non. Illustriamo allora, anche in questo caso, le due prospettive concorrenti che potrebbero o meno cambiare l’assetto degli stati in cui viviamo.
Ancora una volta Le Pen ha promesso ai suoi elettori che nel qual caso fosse favorita, sottoporrebbe a referendum popolare l’uscita dall’Europa, dunque dalla moneta comune e dall’area di libero scambio. Macrone d’altra parte come detto sin ora non solo è un fervido sostenitore dell’Unione Europea, ma anche fautore di un legame più stretto tra gli stati già membri e non (ha infatti sostenuto la Ceta, accordo di libero scambio tra Unione Europea e Canada). In ogni caso lasciare che l’Europa s’indebolisca, implicherebbe solo fare il gioco di chi l’Europa sta cercando di demolirla.
Da un lato abbiamo quindi le visioni europeiste di Macrone, che da un punto di vista di collaborazione ha spesso espresso elogi nei confronti della cancelliera tedesca Angela Markel, anch’essa convinta che la Francia abbia bisogno di una stretta cooperazione con l’Europa e dall’altro troviamo Le Pen, fin ora sostenuta dagli estremisti islamici e la cui elezione seguirebbe la scia della Brexit e dell’elezione di Trump quale presidente degli Stati Uniti d’America.
È opinione condivisa la voglia di fermare il populismo, di salvare l’Europa, ma allo stesso tempo Macrone dovrà essere capace di mantenere il suo programma. A prescindere dall’esito finale è stato chiaro dopo la prima tornata elettorale che i francesi hanno voglia di innovazione, non si sono lasciati guidare dai partiti tradizionali, ma stanno cercando nuove forme di politica che possano soddisfare le loro richieste. Noi ci auguriamo solo che l’Europa non si sgretoli proprio ora, e che nuove proposte possano riportare la fiducia dei cittadini nel loro governo.