Dittature e spersonalizzazione

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Il punto cardine che permette ad un regime di svilupparsi non è solo la paura;anche il consenso ha la sua buona parte. Un consenso che sia dato consapevolmente o,ancor peggio,incoscientemente. Secondo la storica Hannah Arendt,l’individuo ad hoc per un qualunque tipo di regime è l’uomo massificato,completamente calato nella realtà circostante,incapace di concepire un pensiero individuale.

Nella “Banalità del male”(1963), la Arendt descrive il processo subito da Eichmann(gerarca nazista catturato nel 1960) a Gerusalemme. A detta dell’autrice, Eichmann non era né un uomo “cattivo” nel senso proprio del termine,né tantomeno un fanatico della “soluzione finale”;bensì era un individuo medio che agiva così semplicemente perchè tali erano le mansioni che doveva svolgere.

La figura dell’uomo spersonalizzato è inquietante,soprattutto se analizzata alla luce di ciò che è potuto succedere nel corso della storia.

Una dittatura può svilupparsi anche in modo non strettamente politico. Oramai, le varie questioni non sorgono più in un campo “politico”,inteso nell’accezione tipica novecentesca (contrasto tra ideali politici differenti), bensì esse si sviluppano in una dimensione economica. Ed è stata proprio questa crescente importanza dell’economia a permettere il prolificare della società dei consumi e a riproporre così l’inquietante individuo massificato. L’uomo spersonalizzato d’oggi segue l’idea di un consumismo ossessivo per ottenere benessere;più oggetti si comprano e più se ne desiderano,fino a creare un circolo vizioso dal quale è difficile uscire.

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